La Manutenzione Ordinaria

La manutenzione ordinaria è costituita dalle spese ricorrenti di manutenzione e di riparazione in grado di mantenere efficiente il cespite interessato senza generare un aumento della produttività o della vita utile dello stesso, quali, ad esempio, quelle relative alla pulizia, verniciatura, riparazione, sostituzione di parti deteriorate dall’uso e via dicendo. Vanno considerati, inoltre di manutenzione ordinaria quei costi rivolti all’ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione che non si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità, di produttività o di vita utile del bene.
 
Il trattamento fiscale di tali spese può essere così sintetizzato:

  • nell’esercizio in cui vengono sostenute ed imputate a conto economico sono deducili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili;
  • nei cinque esercizi successivi a quello di imputazione è ammesso in deduzione un importo pari ad un quinto delle spese eccedenti il suddetto limite del 5%.

Ai fini del calcolo del plafond del 5%, con riguardo ai beni ceduti nonché a quelli acquisiti nel corso dell’esercizio, compresi quelli costruiti o fatti costruire, la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso.
 
Per quanto concerne i pezzi di ricambio, il criterio di contabilizzazione dipende dalla rilevanza degli importi, dalle quantità giacenti, dalla loro velocità di rotazione, dai programmi di approvvigionamento, dagli utilizzi per i vari cespiti, ecc. Il criterio di capitalizzazione seguito deve però assicurare il rispetto di postulati di bilancio e dei principi contabili relativi alle immobilizzazioni materiali ed alle rimanenze di magazzino.
  
Ai fini civilistici in base al principio contabile n. 16, i pezzi di ricambio possono classificarsi in:

  • pezzi di basso costo unitario e di uso ricorrente.

Vengono solitamente rilevati come spese al tempo dell’acquisto. Trattasi cioè di pezzi che originano un carico pressoché costante al conto economico (art. 2426, n. 12 c.c.) e il cui valore a fine esercizio non è significativo. Per essi, infatti, il costo del controllo amministrativo analitico sarebbe antieconomico rispetto al valore complessivo del materiale stesso.
Pezzi di ricambio di rilevante costo unitario e di uso non ricorrente che costituiscono però una dotazione necessaria dell’impianto.
Trattasi di pezzi solitamente non usati per lungo tempo, e talvolta mai usati, ma che è necessario mantenere per assicurare la continuità di funzionamento dell’impianto. Tali materiali vanno classificati tra le immobilizzazioni materiali e ammortizzati sulla vita del cespite cui si riferiscono, o sulla loro vita utile basata su una stima dei tempi di utilizzo, se inferiore.

  • pezzi di rilevante costo unitario e di uso molto ricorrente.

Trattasi cioè di pezzi che verranno utilizzati in breve tempo, ma che a fine esercizio hanno valore globale significativo e, pertanto, vengono capitalizzati. Tali pezzi vengono inclusi tra le rimanenze di magazzino e scaricati in base al consumo e debbono seguire i principi contabili delle rimanenze di magazzino.

 
Ai fini fiscali i pezzi di ricambio non sono disciplinati in modo specifico. In ogni caso si ritiene corretto il seguente trattamento:

  • pezzi di basso costo unitario e di uso ricorrente: possono essere imputati a c.e. nell’esercizio di acquisizione e devono essere sommati alle spese di manutenzione ordinaria per la verifica del limite del 5%.
  • pezzi di ricambio di rilevante costo unitario e di uso non ricorrente: sono soggetti ad ammortamento a partire dallo stesso esercizio dal quale decorre l’ammortamento del bene principale ovvero, se successivo, dall’esercizio di acquisizione.
  • pezzi di rilevante costo unitario e di uso molto ricorrente: il consumo di tali pezzi, dato da rimanenze iniziali + acquisti – rimanenze finali, deve essere sommato alle spese di manutenzione ordinaria per la verifica del limite del 5%.


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