La Cessione di ramo d'Azienda

La cessione d’azienda, anche se riguarda il complesso di beni organizzato dall’imprenditore per esercitare l’impresa, è un’operazione unitariamente considerata finalizzata, generalmente, alla continuazione dell’impresa stessa da parte di un altro soggetto. La cessione di ramo d’azienda riguarda il trasferimento di uno specifico settore dell’intera azienda, composto da un insieme di beni tra loro coordinati e utilizzabili per realizzare un determinato ciclo produttivo.
 
Trattamento ai fini delle imposte dirette in capo al cedente[1]:
il risultato della cessione che genererà plusvalenza tassabile o minusvalenza si calcola come differenza tra il corrispettivo di cessione pattuito, al netto degli oneri accessori diretti, ed il valore netto (costo non ammortizzato) dei beni componenti l’azienda o il ramo d’azienda.
Il corrispettivo della cessione è quello riportato sul contratto; esso va riferito all’azienda nel suo complesso e non ai singoli beni che la compongono. Pertanto, rilevante è il concetto di unitarietà in quanto la plusvalenza in capo al cedente emerge quale unico differenziale della contrapposizione tra prezzo di cessione e alienazione della molteplicità dei beni, ivi compreso l’avviamento, afferenti l’azienda ceduta; concorrono alla formazione della plusvalenza, quindi, anche beni che, per loro natura, darebbero fiscalmente origine, all’atto dello loro alienazione, a ricavi, ed in particolare le merci[2].
Con riferimento al costo non ammortizzato da contrapporre ai corrispettivi per la determinazione della plusvalenza, i beni componenti l’azienda ceduta dovranno essere considerati in base al costo fiscalmente riconosciuto.
La plusvalenza si determina quindi non solo con riferimento ai valori negoziati per i beni, strumentali e non, iscritti nella contabilità del cedente; sarà invece data dalla differenza tra il prezzo determinato per l’azienda nel suo complesso ed i valori di carico fiscali dei beni oggetto di cessione.
La relativa individuazione dovrà avvenire sulla base del contratto di cessione d’azienda ricostruendo il relativo valore fiscale sulla base delle scritture contabili obbligatorie previste dalla normativa tributaria (libro inventari, libro cespiti ammortizzabili).
Con riferimento alle merci, come già esposto, l’unitarietà del complesso aziendale ceduta comporta un’analoga unitarietà di raffronto tra il corrispettivo conseguito e l’insieme dei beni oggetto di cessione. In tal senso anche beni normalmente produttivi di ricavi (prodotti finiti, materie, prime, merci in corso di lavorazione, ecc…) concorrono alla formazione della plusvalenza.
 
Trattamento ai fini delle imposte dirette in capo all’acquirente:
nell’ottica dell’acquirente il prezzo unitario determinato con le regole citate deve essere necessariamente ripartito tra i singoli beni esposti ora nella contabilità dell’acquirente con i tradizionali criteri di dettaglio. Al riguardo, l’acquirente può affidarsi al contratto di cessione qualora questo contenga una ripartizione del prezzo sui singoli cespiti aziendali ma potrebbe non essere vincolante ai fini della presa in carico dei cespiti sotto il profilo contabile. Nel caso in cui il corrispettivo venga fissato in modo globale sorge il problema dell’individuazione dei valori di tali componenti ai fini della loro iscrizione nell’attivo e al riguardo non ci sono ferree regole se non quelle della ragionevolezza e di una discrezionalità tecnica dell’acquirente.
Appare ovvio che l’acquirente avrà una certa convenienza ad allocare il prezzo di acquisto sui beni a più elevato ammortamento o a più elevato rigiro, se si tratta di beni merce, allo scopo di recuperare prima il costo d’acquisto ma si ritiene che l’allocazione potrà essere disconosciuta in caso di irragionevolezza diretta ad un risparmio d‘imposta indebito, che strumentalizzi la cessione d’azienda al fine di riclassificare costi fiscali allocandoli da un cespite all’altro dell’azienda ceduta.
In tal senso si segnala che la Cassazione con sentenza n. 9950 del 2008, ha affermato che mentre il prezzo della cessione d’azienda o di ramo d’azienda è frutto della libera contrattazione delle parti, la conseguente ripartizione contabile, tra le singole componenti aziendali, del corrispettivo complessivamente versato non è insindacabilmente rimessa all’imprenditore cessionario ed è soggetta al rispetto del criterio della correttezza e veridicità del bilancio, con la conseguenza che tutti gli elementi attivi e passivi, costituenti l’azienda, vengano iscritti al loro valore reale e vieta l’inserimento di poste inesistenti o sopravvalutate. Pertanto, l’Amministrazione ben può sindacare se sia congrua la parte del prezzo imputata dal cessionario all’avviamento dell’azienda acquistata, e quindi assoggettata ad ammortamento ai fini della individuazione del reddito imponibile.
In tal senso la presenza della cessione d’azienda nell’elencazione delle operazioni soggette alla disposizione antielusiva dell’art. 37-bis del TUIR, rende di sicuro invocabile questa norma ad opera dell’Amministrazione finanziaria al fine di disconoscere comportamenti che abusino della discrezionalità tecnica citata.
 
Trattamento ai fini delle imposte indirette:
La cessione d’azienda o di ramo aziendale è un’operazione esclusa da IVA; pertanto, anche i singoli beni oggettivamente imponibili che vengono ceduti unitamente all’azienda, di cui fanno parte integrante, non sono assoggettabili ad IVA all’atto della cessione; per contro, l’operazione è soggetta a registrazione con pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale.
In tal senso con la sentenza n. 13580 del 2007 la Cassazione ha confermato che affinché oggetto della cessione sia un’azienda, e non i singoli beni, è sufficiente che questi ultimi presentino quel carattere di unitaria funzionalità che caratterizza, appunto un complesso aziendale.



[1] “Operazioni straordinarie” seminari Frizzera
[2] Ris. Min. 8 febbraio 1979 n. 9/199


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